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RECENSIONE CHIUDO GLI OCCHI E IL MONDO MUORE


"Spesso i medici non sapevano neppure che effetto avrebbero avuto, quei farmaci, su di me. «Dovrebbero diminuire la paranoia, i momenti di delirio e le allucinazioni, ma bisognerà aspettare e vedere. Purtroppo non possiamo essere più precisi». I medici mi erano di grande aiuto, ma alla fine sviluppai un sistema tutto mio per capire cosa fosse reale e cosa no. Scattavo fotografie. Le cose reali restavano impresse nelle foto, le allucinazioni svanivano. Scoprii quante cose la mia mente era in grado di inventare. Io, il lusso di dare la realtà per scontata non potevo permettermelo. Ma non è che provassi odio per gli altri, perché avrebbe significato odiare tutti. E io non odiavo tutti. Gli altri, semplicemente, non vivevano nel mio mondo. Ma questo non impediva a me di sperare di poter vivere nel loro."
E-Reader con la copertina del romanzo Chiudo gli occhi e il mondo muore,, una palla otto, una macchina fotografica, penna e degli smarties colorati.

Titolo: Chiudo gli occhi e il mondo muore (ITA); Made You Up (ENG).

Autore: Francesca Zappia.

Editore: 2019 Giunti Editore (ITA); 2015 Greenwillow (ENG).

Numero Pagine: 384 (ITA); 428 (ENG).

Disponibile: Kindle / Copertina Flessibile.


Trama: Il libro inizia con l’avventurosa “liberazione degli astici” compiuta dalla protagonista dai capelli rossissimi Alexandra in arte “Alex”, sette anni, all'interno di un mini market, aiutata da un misterioso ragazzino appena conosciuto dagli intensi occhi blu. Questo incontro la condizionerà per tutta la vita, chiedendosi se fosse realmente successo o se fosse stato solo frutto della sua immaginazione. A causa di quel preciso episodio ad Alex sarà diagnosticata la schizofrenia, considerato che a dire di sua madre, niente di tutto ciò è realmente avvenuto.

Tornando al presente troviamo la nostra protagonista intenta ad iniziare l’anno scolastico in una nuova scuola, dopo l'espulsione dalla Hillpark per atti di vandalismo.

In accordo con il Preside McCoy, oltre le lezioni, verranno iniziati i lavori socialmente utili presso il club sportivo e in accordo con la “Gravessa”, la dottoressa di Alex, verrà iniziato il lavoro da Finnegan’s come cameriera.


Alexandra ha difficoltà a distinguere la realtà e vive la quotidianità con diffidenza. Ha bisogno di fare giornalieri controlli perimetrali, scattare fotografie per imprimere i soggetti e capire quello che è tangibile e quello che invece è prodotto dalla sua mente; mascherare queste e le altre consuetudini è di vitale importanza per evitare di essere additata come una ragazza strana e soprattutto per impedire che la sua patologia venga scoperta.

Il contesto in cui si volge il libro è quello del liceo americano con i suoi crudeli e stereotipati meccanismi: la competizione, il bullismo, le vendette, il gossip, le feste, le cheerleader, etc...


Saranno Tucker, compagno di classe e di lavoro, maniaco del complottismo e Miles Richter capo del club sportivo, bullo della scuola, il “Nazi” con cui Alex ha un rapporto conflittuale nelle prime battute, ad aiutarla nel suo percorso quotidiano o quantomeno a far passare le giornate fra un mistero da risolvere e continue vendette da attuare.

Francesca Zappia, al contrario da quanto può far pensare il nome è di origine americana, ed è laureata in Informatica e Matematica all'Università di Indianapolis dove vive attualmente. Per il libro "Made You Up" ha ricevuto diversi premi e moltissimi consensi sia dal pubblico sia dalla critica letteraria. Sempre della stessa autrice abbiamo “Ti ho trovato fra le stelle” edito Giunti.


Classificare “Chiudo gli occhi e il mondo muore” una narrativa per quattordicenni lo svaluta moltissimo. Questo ci tengo a dirlo a chiare lettere. Un ragazzo a quell’età non comprende i sotto strati di un testo del genere, perché mamma mia in queste 384 pagine c’è veramente tanto, una storia corposa e piena di dinamiche. Un adulto, invece, non so se si avvicinerebbe mai ad acquistarlo, se non per puro caso. Ma dovrebbe perché ne vale veramente la pena!


La semplicità della lettura e l'immediatezza comunicativa della storia principale permette di apprezzare la finezza di ciò che c’è dietro, di analizzarlo e di assorbire i molti significati nascosti dentro ogni storia parallela.


Il libro è diviso in capitoli e seguiamo la narrazione in prima persona direttamente tramite il racconto di Alex. Le frasi sono brevi, quindi non troveremo periodi troppo lunghi, poiché sono presenti molti discorsi diretti. Il tono della protagonista è autoironico, amaro e disilluso per la consapevolezza acquisita troppo presto a causa della malattia.

All’inizio, poi si perde nell'arco narrativo, Alex dà luogo a molte descrizioni "cromatiche".

Non comprendo come mai questa modalità descrittiva venga abbandonata nei successivi capitoli.


Francesca Zappia, quasi ad un fine ludico, usa come fulcro la storia: infatti quest’ultima è molto preponderante in tutto il percorso narrativo; il padre di Alex è un archeologo sia lui che la madre sono appassionati di storia, infatti Alex e Charlie devono usare dei diminuitivi dei loro nomi, poiché quelli completi sono Alexandra da Alessandro Magno e Charlemagne da Carlomagno.

I miei adoravano la storia. A me, tutto sommato, era andata bene. Alexandra da Alessandro, in fondo, non era poi un dramma. A mia sorella, invece, era toccata la tranvata più potente che ci si possa beccare dalla lotteria dei nomi: Charlemagne.

Oppure la presenza costante del gioco delle 20 domande dove viene usato sempre un personaggio storico e così via.


I personaggi sono ben caratterizzati, Jedda ad esempio è particolareggiata anche con l’aiuto dell'onomatopeica a simulare l’accento francese, ed "etichettabili" e "stereotipabili" per quelli che possono essere i classici personaggi presenti nella tipica "american school" pre college.

Il linguaggio utilizzato dagli adolescenti è cinico e leggero, poco divertente e sempre un po' amaro e pungente. Quasi a voler simulare la volontà di sembrare ragazzi di vita vissuta.


Capisco il successo ottenuto da questo libro, la semplicità comunicativa è straordinaria. Ha tutto quello che una narrativa contemporanea deve avere: un ambiente caratterizzato in cui immergersi, un gruppo di personaggi ai quali affezionarsi, una storia d’amore struggente, dei background empatizzanti, un mistero/non mistero da risolvere non troppo preponderante ma sufficientemente presente, un colpo di scena da lacrimoni e un adorabile lieto fine.


Le uniche pecche che posso trovare sono il finale forse leggermente sbrigativo e meno strutturato proporzionalmente al resto dell’arco narrativo. Inoltre mi è dispiaciuto non aver visto approfondito il punto di vista dei genitori di Alex e Charlie, visto ciò che succede durante il libro: la disarmante rassegnazione palesata verso la fine del racconto. Avrei gradito anche una leggera analisi del loro punto di vista, ma forse io parlo da persona più adulta rispetto il pubblico di riferimento, probabilmente in un testo per ragazzi è qualcosa di cui Zappia ha preferito fare a meno. Infine tutti, trame, introduzioni e quant’altro hanno messo avanti troppo spesso questo fatto dello “scattare la foto”: però, nel libro, vediamo Alex non avere quasi mai il tempo di svolgere quest’operazione o soprassedere per evitare di concentrare l'attenzione su di sè e questa sua anormale consuetudine.

Quindi mi ha deluso non vederla eseguire così spesso questa operazione, o quanto meno avergli dato troppo risalto quando poi non ne ha realmente ai fini narrativi.



Avrei voluto parlare di questo libro ancora e ancora, ma sarebbe sembrata più una tesina universitaria piuttosto che una recensione. Non so neanche se sono riuscita a esprimere ciò che desideravo comunicarvi realmente per quanto riguarda il contenuto di "Chiudo gli occhi e il mondo muore". Non è la storia di una ragazzina schizofrenica, è stata avventura, è stata trepidazione, è stata tristezza, è stata tutto. Questo libro ha davvero racchiuso tutto.


Vi lascio col discorso di Tucker per la cerimonia dei diplomi! E se vorrete buona lettura!


«Si dice sempre che i ragazzi credono di essere immortali e io sono d’accordo. Ma penso ci sia una differenza tra credersi immortali e sapere di poter sopravvivere. Credersi immortali porta all’arroganza, a pensare di meritare di più. Sopravvivere significa essersi lasciati il peggio alle spalle ed essere capaci di andare avanti nonostante l’accaduto. Significa lottare per ciò che si desidera di più, anche se sembra irraggiungibile, anche se tutto rema contro. E alla fine, dopo essere sopravvissuti e avercela fatta, si può vivere». Tucker prese un altro respiro e si appoggiò al podio guardando i presenti. «Noi siamo dei sopravvissuti. È il momento di vivere».

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