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RECENSIONE ELEANOR OLIPHANT STA BENISSIMO

“Eleanor Oliphant sta benissimo” di Gail Honeyman è stato un fenomeno letterario davvero controverso. La prima osservazione da fare è che la campagna pubblicitaria svolta intorno a questo romanzo da #Garzanti è stata concretamente straordinaria, perché ha suscitato un profondo interesse da parte del mondo letterario, il quale non ha potuto essergli indifferente.

In primo piano il romanzo cartaceo Eleanor Oliphant sta benissimo, una bottiglia di rum con un bicchiere a forma diamantata e due tipi di scarpe differenti, una inglesina e una decolltè.

I pareri discordanti intorno alla trama del romanzo, hanno portato però molti a indugiare sull’acquisto, fino a poco tempo fa: io per prima durante la mia esperienza come acquirente e come commessa in una libreria ho spesso dovuto affrontare il dilemma di persone le quali mi chiedevano se comperare o meno il titolo in questione. Anche io, per l’appunto avevo atteso molto dall’uscita, quindi rispondevo loro che ero sulla loro “stessa barca e lo avremo scoperto insieme”.


“Eleanor Oliphant sta benissimo” è un romanzo ampio, c’è molto al suo interno, liquidarlo dicendo che è una storia banale assolutamente no. Eleanor non è banale o deludente, purtroppo è finita nelle mani di una scrittrice la quale ha preteso di fare troppo, perché alla prima esperienza.


Come potrete vedere la recensione è un po’ diversa, e nonostante lo abbia letto alla fine dell’estate scorsa, ho aspettato a scriverla dovevo capire il modo migliore per metterla a parole.


Parto dal presupposto che la mia è un’educazione artistica quindi sia arte, sia architettura, sia scrittura, è un “fallimento” quando l’artista, colui che genera l’opera sente la necessità di spiegarla o “motivarla” alla fine del libro. Questa chiacchierata con l’autrice, così autoreferenziale, oltre alla boria mi trasmette “timore” di non arrivare al lettore col proprio messaggio, quindi te lo spiego.


Ribadisco però, non sei Umberto Eco, che ha scritto le “Postille” al Nome della Rosa. Non serviva.


Eleanor è uno dei personaggi più complessi, belli, delicati, ingenui e destrutturanti della letteratura moderna e compie una serie di evoluzioni fisiche e psicologiche nell’arco della narrazione davvero incisive, superflue e non, de gustibus, da lasciare grandi riflessioni aperte nella mente del lettore.


► La complessità legata all’esigenza del miglioramento del proprio aspetto fisico, poiché capisce che il rinnovamento di sé stessa è qualcosa di cui nutre il bisogno per sentirsi a proprio agio e per “catturare” l’attenzione del musicista Johnnie; comprendendo poi essere solamente un amore platonico a senso unico.


► Lo sviluppare la socialità grazie al profondo rapporto d’amicizia instaurato giorno dopo giorno con Raymond a causa dell’incidente in cui aiutano Sammy. Questo la favorirà a migliorare la difficile relazione con i colleghi con i quali vi è un rapporto di reciproca indifferenza.


► Infine, la parte più articolata e pesante, la sua relazione con la madre e il background psichiatrico (termine NON a caso) e familiare.


Tutto ciò è parte di questo personaggio, cosi multiforme e composito, il quale sembra una “pagina bianca”, un automa al quale vanno reinsegnate le regole della buona creanza e della convivialità perché sembra “non essere mai stato al mondo”.


Dopo aver letto tutto questo, spiegato e narrato così, il fulcro e la spiegazione di “Eleanor Oliphant sta benissimo” non può essere la solitudine delle persone nel weekend al di fuori dell’ambiente lavorativo.


La solitudine e (cito testualmente) “esplorare le difficoltà relazionali in tutte le loro sfumature”. NO. Non è una spiegazione assolutamente sufficiente e coerente a giustificare la corposità di questa narrazione. La privi di intensità e di importanza. Depotenzi tutto, lo banalizzi, come i cavoli a merenda. Quindi, comprendo quando su Amazon o altrove trovo recensioni molto discordanti, c’è chi passa dal “orribile o banale” al “bellissimo capolavoro”.


Per concludere, potrebbe sembrare una contraddizione, considero purtroppo che lo straordinario personaggio di Eleanor abbia avuto la sfortuna di capitare nelle mani di una pessima autrice, poiché aveva del potenziale inimmaginabile.


Lo consiglierei? Si. Eleaonor merita di essere conosciuta una volta nella vita.

All’inizio la “batteresti nel muro” come si dice dalle mie parti, ma un po’ dappertutto, però poi ti innamori della sua fragilità e della sua inadeguatezza. La storia è un contorno nebbioso, solo a supportare l’esistenza della protagonista, quotidianità piatta non appariscente né stimolante.


Forse era proprio questo l’intento, presentarlo così:

grigio e anonimo come la vita di coloro i quali vengono toccati dalla solitudine.


Se vi va, mi farebbe piacere sapere la vostra opinione, dopo la lettura del romanzo!


Un saluto!

P.




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