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RECENSIONE IL MANOSCRITTO

Di Franck Thilliez quest’estate, sui social, s’è né parlato veramente tanto. L’uscita de “Il sogno” ha fatto tornare in auge anche il titolo precedente, particolarmente apprezzato dai lettori, “Il manoscritto” poiché molti non hanno potuto fare a meno di mettere a confronto le due opere durante l’analisi dell’ultima uscita.

Autore: Franck Thilliex

Casa Editrice: Fazi Editore

N° pagine: 478

Disponibile: Copertina Flessibile / Kindle


Trama: Léane Morgan è considerata la regina del thriller, ma firma i suoi libri con uno pseudonimo per preservare la propria vita privata, che ha subito un profondo sconvolgimento: sua figlia Sarah è stata rapita quattro anni prima e la polizia ha archiviato il caso come omicidio a opera di un noto serial killer, pur non essendo mai stato ritrovato il corpo della ragazza. Dopo la tragedia, del suo matrimonio con Jullian non è rimasto che un luogo, la solitaria villa sul mare nel Nord della Francia che Léane ha ormai abbandonato da tempo; ma quando il marito viene brutalmente aggredito subendo una perdita di memoria, lei si vede costretta a tornare in quella casa, carica di ricordi dolorosi e, adesso, di inquietanti interrogativi: cosa aveva scoperto Jullian, perso dietro alla ricerca ossessiva della verità sulla scomparsa della figlia? Intanto, nei dintorni di Grenoble, viene ritrovato un cadavere senza volto nel bagagliaio di una macchina rubata: potrebbe forse trattarsi di un'altra vittima del presunto assassino di Sarah. Le intuizioni del poliziotto Vic, dotato di una memoria prodigiosa, permetteranno di incastrare alcuni tasselli del puzzle, ma altri spaventosi elementi arriveranno a confondere ogni ipotesi su una verità che diventa sempre più distante, frammentaria e, inevitabilmente, terribile.


"Col bavero rialzato e un berretto calato in testa, Léane uscì dall’auto cercando di non farsi notare, una sagoma tra le altre in un teatro d’ombre cinesi dalle scenografie tanto lugubri quanto maestose. Qui le persone si amavano e morivano. Pittori e scrittori avevano scelto ogni sfumatura di grigio, azzurro, rosso di quel paesaggio normanno."

Da buona scimmia curiosa, sono andata a leggermi “Il Manoscritto” di Franck Thilliez e oggi sono qui a parlarvene. Come sempre, sarà mia grande premura evitare gli spoiler.


Non convinta appunto da questa diatriba dialettica la quale stava avvenendo sui social, ho preferito prendere in prestito il romanzo in biblioteca, non l’ho acquistato neanche in e-book. Scelta sbagliatissima.


Posso affermare con certezza che “Il manoscritto” è uno dei Thriller più belli mai letti finora.


Thilliez prende in mano le redini della situazione fin da subito e come un direttore d’orchestra scandisce perfettamente il tempo e il ritmo di ogni avvenimento; tutto, anche il singolo dettaglio durante la narrazione viene introdotto, sviluppato seguendo il suo percorso evolutivo col tempo dovuto perché maturi con assoluta perfezione. Il lettore non deve avere fretta, non deve correre, non deve essere famelico, ma attendere pazientemente di assaporare quel frutto in tutto il suo massimo potenziale.


Ecco perché ogni capitolo riesce a dare piena soddisfazione e ad esprimere magistralmente la sua parte la storia.


Sono dell’idea che Thilliez abbia usato l’escamotage della #metanarrazione e del manoscritto incompiuto di Caleb Traskman, ritrovato e concluso dal figlio perché incompleto, appunto, per permettersi una “licenza” e dare un doppio finale al libro. Uno ufficiale e uno ufficioso, quello “originale” senza le famose pagine mancanti e quello aggiunto in seconda battuta dal figlio di Traskman.


Diciamo però che la “parte aggiuntiva” non abbia dato un contributo così incisivo al romanzo, bensì abbia portato non poche polemiche “sciupando”, secondo i molti, una storia praticamente ben studiata e perfetta con un finale a dir poco banale e stridente con il resto della narrazione.


Va comunque analizzato, nel contesto del libro, che “teoricamente” quello non è il finale scelto o lasciatoci da Caleb Traskman. Perciò come direbbero nella fumettistica o nella cinematografia non è “canonico”.


È lì per dare qualcosa a chi qualcosa vuole, in più, di esplicativo e “conclusivo”.


Un aspetto il quale ho apprezzato veramente tanto è stato l’excursus di Thilliez nel mondo della vita poliziesca: non è rosa e fiori, piena di virtù ed entusiasmo, dove il poliziotto trae da ogni caso la forza necessaria per andare avanti nel proprio mestiere, con vigore e forza d’animo; soprattutto con famiglie comprensive e altrettanto dedite alle spalle. Thilliez, invece, nei personaggi autentici di V&V, ci aiuta ad entrare in profondità in quella che è la psiche stanca e delle volte straziata dalla difficoltà del mestiere del detective della omicidi e delle profonde problematiche legate allo svolgere questo ruolo.


Léane Morgan è il personaggio più emblematico del libro: per essere una scrittrice di thriller, un’anima teoricamente perennemente affacciata sul baratro del buio e dell’angoscia della mente umana è una foglia perennemente tremante e in estrema agonia. Tutto quello che avviene, nello svolgersi degli eventi, la colpisce come una badilata in faccia in egual misura, sempre con la stessa tremenda e furiosa intensità. Una figura stanca, angosciata che per sua stessa ammissione non scrive perché traumatizzata, dice, ma che si trascina nei dubbi perpetui degli accadimenti. Non mi ha entusiasmata come protagonista.


Il libro merita la lettura, la sua macabra crudeltà e la corsa contro il tempo lo rendono un thriller davvero avvincente, tutto si incastra perfettamente e ogni cosa viene svelata al lettore a tempo debito con perizia chirurgica.


Buona lettura!

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