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RECENSIONE L’ENIGMA DELLA CAMERA 622

L'incipit è solenne, conciso e scandito, proprio l’inizio che ti aspetti da un romanzo thriller. Suscita suspense e nel proseguire “accorcia il respiro” di coloro i quali ne iniziano la lettura.

In primo piano e-reader con la copertina del romanzo di Joel Dicker L'enigma della stanza 622, con un computer portatile, una chiave d'albergo e una lettera.

Immediatamente dopo, però, abbiamo un incredibile e repentina variazione stilistica: Dicker spiazza il lettore con un cambio di scena introdotto da una scrittura versatile ed espansiva; questa scelta tecnica serve all'autore per far distinguere al pubblico quando si relaziona con lui, fuori campo, nell’esposizione di fatti al di fuori dell’arco narrativo, mentre torna ad assumere una regia pienamente enfatica al momento in cui ricomincia a raccontare gli eventi della Camera 622.


Il tutto coadiuvato insieme risulta dinamico e non annoia anzi, delle volte, sembra a tratti contorto e a lungo andare, se lo si legge a più riprese, difficile da seguire.


L’Enigma della camera 622 è davvero un labirinto di scale, livelli, trame e sotto-trame, un’opera di equilibri magistralmente incastrati dove tutto combacia perfettamente e dove Joël Dicker è riuscito anche ad inserire un livello di contestualizzazione esterno per ampliare e elevare la struttura del suo romanzo a caratteri esponenziali.


La bravura di Dicker sta nel creare sostanzialmente tre romanzi in uno: un tributo biografia camuffata da intervista, un giallo/thriller e un romanzo d’amore, tutti eguali nell’intensità con la quale sono stati presentati al lettore, sfruttando gli stessi personaggi nelle loro diverse sfaccettature.


Però per le persone attente frequentatrici dei “salotti thriller” non è mancata la lettura di alcuni dettagli, all’interno del romanzo, i quali ponessero l’attenzione verso alcuni bivi piuttosto che altri; questo ha aiutato e non di poco alla risoluzione di tutti i vari dilemmi sparsi qua e là inseriti per la risoluzione del caso finale.


Il romanzo è un chiaro e sentito tributo a Bernard de Fallois l’editore di Joël Dicker. Lo scrittore poteva vivere siffatta avventura tranquillamente da solo, muovendo i propri passi all’interno dell’intricata matassa dell’omicidio avvenuto nella camera a Place de Verbier; ma poiché non aveva intenzione, ai fini stilistici del romanzo, di appesantire il tutto con monologhi interiori i quali riportassero alla mente i ricordi gioiosamente vissuti con il suo editore, sarebbero stati probabilmente delle forzature, aveva bisogno di una spalla visibilmente interessata e curiosa, la quale, ponesse come in un’appartata e continua intervista le domande giuste per portare in auge i ricordi, decisi in precedenza, da condividere con la comunità libraria tutta attraverso le pagine del testo.


Perciò la figura di Scarlett, secondo mio modesto parere, non può essere vista diversamente all’esternalizzazione della voce interiore dello scrittore (con i connotati idealizzati di Sloane) il quale è in continuo dialogo interiore con sé stesso intento a ripercorrere la sua amicizia con Bernard attraverso ciò che sa fare meglio e l’attività la quale li ha legati per tanti anni: la scrittura e la pubblicazione di un romanzo, con scenario un luogo caro all’amico.


Tornando alla storia le figure di rilievo, protagoniste, attorno le quali gravita praticamente tutto il romanzo sono essenzialmente tre: Macaire Ebezner, Lev Levovitch e Anastasia von Lacht.


Questi tre personaggi, esaustivamente descritti, sono legati da un insieme di vicissitudini dall’inizio alla fine del romanzo e sarà proprio il loro passato a determinare il presente e il futuro di cui leggeremo all’interno delle pagine del libro.


Interessante è il rapporto con la genitorialità e il quasi ossessivo bisogno del compiacimento della figura di riferimento dei tre personaggi: come se Joël Dicker, durante il suo intero percorso di scrittore, abbia cercato di trovare il compiacimento e l'approvazione della figura autoritaria di riferimento, Bernard de Fallois in questo caso, come fanno nel loro percorso i tre protagonisti del romanzo, ognuno a modo loro, probabilmente spinto da sentimenti di rispetto e gratitudine.


La complessità e i livelli delle relazioni è quasi indescrivibile, soprattutto quelle riguardanti Lev Levovitch, possono essere paragonate per i vari livelli di sviluppo agli anelli di accrescimento degli alberi.


- - - - SPOILER- - - - -


Il romanzo mi è piaciuto?


L’enigma della camera 622 è la prima opera che leggo di Joël Dicker, pertanto non posso compararla ad altri suoi romanzi.


La sua bravura, nel tenere coerentemente in piedi un romanzo di tale portata è geniale, contando quanto materiale ha inserito e quanti livelli di sotto livelli vi sono contenuti.


Inverosimile. È la parola che mi sento di utilizzare per concentrare tutta la recensione in un unico termine.


I motivi sono due: fosse collocato in un’ambientazione storica passata, dove i mezzi di comunicazione erano scarsi, i controlli erano meno fattibili aveva senso. Poiché “lo scrittore” e Scarlett hanno avuto modo di entrare in contatto con i vari protagonisti, porre loro domande e siamo nell’anno 2018, vuol dire che non siamo proprio nell’era della rivoluzione industriale e della carta e inchiostro...


Parliamo inoltre di ricchi banchieri ginevrini, cellulari e computer in questo libro questi sconosciuti? Anastasia e Lev fanno i teneri amanti i quali si rincorrono sui treni e si sfuggono per manciate di minuti.


Secondo punto, con le risorse illimitate, tecniche di travestimento sofisticate, conoscenze corrompibili fino all’estremo chiunque è in grado di piegare le sorti degli uomini e i mondi conosciuti. No? E mi fermo qui.


- - - - FINE SPOILER- - - - -


Quindi alla fine del libro dici…eh m’beh, menomale “I conti tornano” Cit. Kronk delle Follie dell’imperatore!


Sperando la recensione sia stata di vostro gradimento...Buona lettura!!




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