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RECENSIONE LA FELICITÀ DEL CACTUS

Aggiornamento: 22 apr 2021

Il cactus non ha le spine per difendersi, ha le spine per ridurre al massimo la sua superficie poiché vive in un ambiente perennemente arido ed ostile, deve limitare al minimo le parti di sé da esporre all’esterno e alla calura del sole.


Lo spiega Rob, durante uno dei suoi innumerevoli tentativi di entrare in contatto con Susan “Suze”, la protagonista de “La felicità del cactus”.

Libro La felicità del cactus in primo piano su un vassoio bianco rotondo sopra un tavolo anch'esso bianco, contornato da serie di luci led.

Autore: Sarah Haywood

Casa Editrice: Feltrinelli

N° Pagine 362

Disponibile: Kindle / Copertina Flessibile


"È forse possibile arrivare a conoscere completamente un'altra persona? Sapere cosa pensa e cosa prova, quali sono le sue speranze, i sogni, i dolori, i rimpianti, le parti di sé che nasconde agli occhi dei più? Solo Dio può conoscerci così."

Trama: A Susan Green non piacciono le sorprese: vuole avere tutto sotto controllo. Con buona pace di famiglia e colleghi, che la trovano fredda e spigolosa. Ma la vita di Susan è perfetta... per Susan. Ha un appartamento a Londra tagliato su misura per una sola persona, un lavoro che soddisfa la sua passione per la logica e un accordo molto civile con un gentiluomo che le garantisce adeguati stimoli culturali, e non solo, senza inutili sdolcinatezze. Guai perciò a chiunque tenti di abbozzare un maggior coinvolgimento emotivo e di accorciare le distanze: Susan punge, come i cactus che colleziona. Eppure, si sa, la vita sfugge a ogni controllo. E l'aplomb di Susan inizia a vacillare quando deve fare i conti con un lutto improvviso e con la prospettiva, del tutto implausibile secondo lei, di una gravidanza. All'improvviso il mondo sembra impazzito, sia dentro che fuori di lei. Ma proprio quando Susan teme di non riuscire più a fare tutto da sola, riceverà aiuto dalle persone più impensabili. E l'inflessibile femminista di ferro, la donna combattiva e spinosa come i suoi cactus, si troverà a fiorire.


"E la verità mi fa forse sentire libera? Non direi. Piuttosto mi sento imprigionata, definita dalla verità. Non sono mai stata chi credevo di essere. Ben lontana dall'essere la protagonista della mia storia, in realtà sono sempre stata una comparsa nella storia di qualcun'altro."

"La felicità del cactus", per quanto vanti una prosa scorrevole e una scrittura indiscutibilmente fluida, dopo le prime pagine introduttive, decisamente incoraggianti, cade in un vortice di pesantezza, viscosità e ansia quasi fino alla fine del libro.

I capitoli sono divisi in mesi,esattamente nove come quelli della gravidanza, da agosto a marzo.


Con la più lapidaria e cruda realtà dei fatti l’autrice, senza nascondere niente al lettore, tratta temi d’attualità come la gravidanza ad età avanzata ed in più non prevista, frutto di una relazione duratura ma non vissuta quotidianamente; inoltre, sempre riguardante la maternità, la gestione nella totale indipendenza di una madre single.


Tutto questo, però, ruota attorno al tema principale il quale sarà il precario rapporto fra due fratelli in lite a causa delle disposizioni testamentarie lasciate dalla madre prematuramente scomparsa.


A pesare sulle spalle del lettore non saranno i temi sopra indicati, bensì a diventare greve al limite della sopportazione sarà Susan con il suo astio, il suo gelo e il suo disprezzo verso il mondo: la critica e l’”appunto” sono sempre dietro l’angolo, lo sforzo della persona in questione non è mai abbastanza e riesce sempre a trovare del grottesco in chiunque le si presenti davanti. Per lei “Chi fa da sé fa per tre” è il motto perfetto. Il voler dimostrare la sua indipendenza la sta divorando.

La vita però le dimostrerà che non è sempre così e nei momenti più difficili e disperati, avere qualcuno accanto, che ti aiuta in modo disinteressato, è un’ancora di salvezza.


Benché Suze, verso la conclusione del romanzo compia una sorta di “peripeteia”, non è sufficiente affinché il lettore si senta empatico nei suoi confronti, nonostante le vicende le quali l’hanno colpita, nel bene e nel male; di conseguenza, il lettore non vive quell'affinità necessaria perché senta sua la trama parteggiando per l’”eroina”, sperandone nel trionfo contro l’anti-eroe, in questo caso Edward suo fratello.


Per un libro così duro e astioso, penso sia un bene che ci sia stato il lieto fine (strano eh?!) perché vuol dire che può esserci modo per tutti di trovare la serenità (anche per una come Susan!).


Per quanto mi riguarda, il romanzo ha messo tanta ansia addosso per varie vicissitudini…quindi l’ho finito con un po’ di nervoso. Dipende anche se il libro è giusto per il momento che si sta attraversando. Ciò che non mancherete di notare è che l’autrice ha "torturato" il lettore per diverse pagine, è stata decisamente prolissa su determinati punti e poi tutto si conclude in una bolla di sapone. Sinceramente è sembrato più un “Pesce d’aprile”. Se lo leggete, fatemi sapere eh!



Comunque, prendetelo in biblioteca o fatevelo prestare! Soprattutto leggetelo nel vostro periodo migliore!



Buona lettura ;)




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